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Per lavorare nel marketing (e con noi) bisogna volerlo veramente

È vero, stiamo cercando una nuova figura da inserire nel nostro staff e da qualche giorno circola un annuncio sul web a cui state rispondendo in tanti. Tuttavia, stiamo ricevendo diversi messaggi di persone “indecise” se candidarsi per effetto di un annuncio che a noi pare abbastanza chiaro ma, che suscita qualche dubbio circa il tipo di professionista che stiamo cercando.

Premettendo che neanche cinque anni fa ero dall’altra parte della barricata e che non ho poi tutta questa esperienza in termini di ricerca del personale, ho provato a mettermi dall’altro lato di questa situazione, cercando di capire come mi sarei posto, come avrei pensato di approcciarmi e, soprattutto, cosa mi sarei aspettato di trovare se avessi deciso oggi di iniziare a lavorare nel web-marketing o marketing che dir si voglia. Non voglio dare consigli, sia chiaro, ma solo provare ad offrire un mio personalissimo punto di vista nel nostro settore.

Un annuncio va letto oltre quello che c’è scritto

Partiamo da quelle parole che vi dovrebbero iniziare a far pensare di aver trovato il lavoro che stavate cercando. Spesso e volentieri vengono scopiazzate da qualche schema già pronto, risultano asettiche e si riducono ad un mero elenco di cose che dovreste saper fare (risultando un incrocio tra Bill Gates, Spiderman, Satana e Jeff Bezos). Quello abbiamo sempre visto e quello ci aspettiamo. Eppure, ogni tanto, ci sono annunci più elaborati, diversi, che finiscono troppo spesso tra quelli che “boh, non si capiva cosa cercassero”. Vi è mai venuto il dubbio che se non si capiva probabilmente non si doveva capire?

Non ci si può lamentare di dinamiche lavorative superate se è quello che stiamo cercando

Senza mettermi a fare della sociologia da due soldi, mi soffermo spesso a leggere articoli o servizi sui giovani di oggi alla ricerca di un lavoro. Tutti stufi del vecchio capo che non lascia spazio ai giovani, tutti esasperati da formule contrattuali che non garantisco sicurezza (è vero eh, per carità), tutti alla ricerca di ambienti dinamici dove non rimanere schiacciati da gerarchie che finiscono per soffocare anni di studi a colpi di fotocopiatrice. Ineccepibile, sacrosanto, giustissimo ma….tutta teoria.

Nel momento della verità, ovvero quella di cercare lavoro, l’atteggiamento è esattamente il contrario di quanto raccontato sopra e di quei professionisti alla ricerca della produzione a base di libertà neanche l’ombra. Cerchiamo un ruolo, una scrivania, una sicurezza di andare a fare qualcosa che sappiamo già fare, possibilmente ben pagati e con tutte le garanzie che ci spettano. Cerchiamo uno schema lavorativo precostituito di cui vogliamo far parte ma quel tanto che basta, senza nessuna intenzione di prenderci la responsabilità di apportare del nostro. Manovalanza, ne più, ne meno.

Ma dopo circa dieci anni in questo lavoro vi posso dire abbastanza tranquillamente che la realtà ben diversa.

Servono specialisti con tanta voglia di contaminarsi

Il mondo del marketing con le nuove tecnologie è diventato un universo. Ogni giorno cambia qualcosa, nasce qualcosa e c’è qualcosa da capire per poterlo offrire ai clienti che principalmente ci chiedono questo: usare il nostro tempo per capire strumenti che gli possono servire e trovare la strategia giusta per riuscire ad unire quello che fanno e i loro clienti avvalendoci degli stessi.

Messa così sembrerebbe anche facile ma, non lo è per niente. È sempre più vero che servono specialisti che sappiano fare benissimo un solo ambito del marketing e che sappiano creare una sinergia tale che il lavoro del singolo contribuisca al risultato complessivo del lavoro. Tuttavia, nella mia esperienza personale, ho capito lo specialista troppo focalizzato sulla sua materia corre sempre di più il rischio di perdere la visione d’insieme che oggi il marketing richiede, finendo per diventare un compartimento stagno che perde di valore nel momento in cui i risultati smettono di arrivare dal suo ambito.

E allora serve la voglia di ampliare i propri orizzonti, di capire aspetti vicini (ma neanche troppo) a quello che si fa e di uscire dal proprio seminato per andare a raccogliere altrove quelle contaminazioni ed esperienze che servono ad avere una nuova prospettiva su quello che si fa quotidianamente. Studiare, semplicemente. E parlo tanto di libri quanto di esperimenti sul campo in un mondo che permette di giocare con progetti propri e reali con investimenti decisamente contenuti. Ma bisogna avere voglia.

La motivazione è la prima delle competenze

E allora torniamo a quell’annuncio che non si capiva e che, forse, non si doveva capire. È sicuramente importante saper usare un software, conoscere come funziona Google o gli strumenti di pubblicità a pagamento o saper scrivere bene un testo ma, sono tutte competenze che si possono acquisire col tempo (se l’attitudine lo permette). Quello che invece non si può studiare è la voglia, la motivazione, la “Garra Charrúa” direbbero in ambito calcistico sudamericano e, in una “lotta” come quella di accaparrarsi un posto di lavoro, spesso fa la differenza.

Anche perché, se ci si ragiona un attimo, il fatto che non si ricerchi un ruolo preciso ma che si punti tutto su elementi che fanno capo al carattere e alla motivazione, non potrebbe celare quel tanto sognato posto di lavoro dove il capo non fa il capo e dove c’è un reciproco scambio di idee, di competenze e di motivazioni? Sì, proprio quel posto che il telegiornale vi ha detto che non esiste o che potete trovare solo all’estero ed invece potrebbe trovarsi a pochi passi da casa vostra.